Lezioni SUPSI Sasso Corbaro

A proposito del contatto: Il contatto deve avvenire con-tatto.


Attraverso una fenomenologia del toccare, si cercherà di evidenziare la dimensione etica insita nel contatto che deve avvenire con tatto, cioè con modalità che ricuperino un senso profondo derivato dalla maniera diversa di vivere il proprio e l’altrui corpo.

Premesse:

Siamo in una esperienza di comunicazione, dove la sintonia o il contatto è indispensabile per una esperienza sana e produttiva
La sintonia è quella sensazione che si verifica allorché due che comunicano avvertono di procedere sulla stessa lunghezza d’onda, di capire e di capirsi, di com-prendere quello che uno dice all’altro e viceversa
.Si dice anche che in questa situazione si verifica un contatto.
Esaminiamo un po’ questa parola. Innanzitutto, si tratta di una parola. Io amodistinguerladai termini che sono più meccanici, matematici, freddi. La parola è calda, è polisemica, si presta a varie interpretazioni che permettono poi una comunicazione circolare e dunque arricchente, non satura e prestabilita.

Contatto deriva da tatto, il nostro senso importante che presiede al toccare, toccare il corpo e toccare la immaginazione, gli affetti, toccare nel senso pieno che mette assieme corpo e psiche, corpo e anima, intelletto e desiderio.
Ma contatto può anche descriversi come con-tatto, dove la parola contiene già una sua valenza etica, perché potremmo dire che il contatto deve verificarsi con-tatto.
Perché ci sia una contatto, vero, sano, bisogna operare con-tatto.

Le premesse sono importanti, perché dichiarano i punti di vista, gli angoli di osservazione: è un po’ come il liquido in cui un pesce naviga, o l’aria che noi respiriamo. In termini filosofici si chiama: orizzontepre-comprensione. È bene esplicitarla perché ci si capisca e avvenga il contatto.
Ho parlato

  • di comunicazione
  • di corpo e psiche
  • di etica.

Sono tre capitoli ricchissimi che necessitano una spiegazione che ci rimanda alla circolarità comunicativa come una forma sana del comunicare, al dialogo tra mente e corpo come concretizzazione della predetta circolarità e all’etica come la esplicitazione di quello che si pensa debba farsi in una data situazione.

Ritorniamo al nostro tema: il toccare, il contatto, il con-tatto.

Il toccare va contestualizzato, riguarda il corpo, ma non solo, è frutto di una azione complessa che ingloba tutta la persona; è diverso il toccare privato e il toccare professionale.
Ne parliamo un po’ assieme per rendere circolare la comunicazione e per non fare un monologo ma piuttosto un dialogo.

La concezione del corpo si è modificata nel tempo.

Semplificando grandemente noi possiamo distinguere tra una concezione dualistica (separazione mente –corpo) e una ricompositiva.
Penso che questa sia la caratteristica tipica della società e nella condizione post-moderna che noi viviamo.
Potremmo definire il postmoderno come una condizione fluida, secolarizzata, alla insegna del dubbio o alle cadute delle certezze metafisiche. La condizione post moderna quindi uguale a fluidità-scomparsa delle certezze-superamento della metafisica-

  • Riscoperta del collegamento, del ponte, ciò che congiunge, che unisce, la rete.

Questo porta a evidenziare una dimensione etica vista come il ricupero del positivo nel cambiamento tra un paradigma fisso in cui le identità sono precise i non interscambiabili e una modalità di messa assieme delle stesse molto più duttile.
Questo non nega le identità ma le mette in relazione in maniera non escludente.
 Accetta il principio della non esclusione e enuncia il principio della relazione.
Non a caso abbiamo parlato di circolarità comunicativa come non assolutizzazione del parlante ma come scambio tra chi parla e chi ascolta.

Possiamo allora parlare di due fondamentali modalità di concepire il corpo

  • Una dualistica con una netta distinzione tra corpo e mente, corpo e psiche corpo e anima.
  • Una ricompositiva: dialogo mente corpo Io sono il corpo, non ho il corpo

Una diversa concezione del corpo guida un comportamento e viceversa

  • Il corpo macchina permette di non toccarlo o di toccarlo meccanicamente, spinge a una professionalità parcellizzata, permette di curare senza neppure vedere il paziente.
  • Il corpo riunificato non è mai un pezzo è sempre un insieme di elementi legati dalla vita, dalla psiche, dall’anima. Le parole sono diverse i significati possono essere decodificati a secondo dei presupposti e dell’orizzonte in cui ci muoviamo.

Cosa comporta tutto questo per la nostra tematica

  • Il contattato. Come il corpo viene pensato. Come il corpo viene vissuto.
  • Contatto   con-tatto. Un modello etico.

Modi di pensare il corpo: scorribanda filosofica

Modelli della mente.

  • Monologo-
  • dialogo dialettico-
  • dialogo dialogico

Applicazione al corpo:

  • Corpo assolutizzato = corpo macchina
  • Corpo negato = Il virtuale
  • Corpo dialogato: non macchina, non virtualizzato ma: Corpo contestualizzato= per un’etica del toccare
  • Il corpo è nel mondo è collegato al contesto
  • Il corpo è legato al vissuto
  • Il corpo è legato alla intenzionalità

Il toccare medico
Il toccare paramedico
Il toccare come modalità comunicativa
Il toccare e sessualità

Bibliografia

U. Galimberti: Il corpo, Feltrinelli Milano 1989.
G. Palo: Il Ponte tra psicoterapia e psicomotricità, Tirrenia Stampatori Torino 2005

TRA ESPOSIZIONE E FRAGILITA’

(Articolo apparso su Medical Humanities n.3, 2007 pag.33 ss.)

Corpo intimità nudità (riflessioni di un navigante in psicoanalisi nei flutti delle professioni di cura).

Un mio paziente fisioterapista, quasi alla fine di una psicoterapia ben riuscita, mi parla del contatto, riferito al toccare i suoi pazienti, elemento indispensabile della sua tecnica fondata proprio sulla manipolazione corporea. Il toccare è inserito in una lunga riflessione sul sentire collegato a questa operazione, sulla necessità di una sintonia e di una dimensione relazionale indispensabile a un corretto agire terapeutico. I collegamenti tra il mondo analitico sono subito evidenziati da una serie di associazione sul contato con l’analista visto come la condizione indispensabile per fare una sana psicoterapia. Il mettersi a nudo corporeo del paziente fisioterapico si collega con il mettersi a nudo psichico necessario e indispensabile in ogni operazione psicoanalitica.
Si prosegue quindi nel gioco delle assonanze tra i due mondi in una proficua mobilitazione di linguaggi e delle immagini che uniscono il vissuto del paziente e quello dell’analista ormai in sintonia tra le due professionalità.
A un certo punto il paziente dopo un po’ di silenzio pronuncia la parola contatto con un trattino con-tatto e apre una fulminante riflessione etica sulla necessità che il contato sia fatto con tatto. La stessa parola diventa veicolo di un comportamento e di una dimensione etica. Il contatto è necessario, ma deve essere fatto con una modalità particolare pena la violazione della intimità e della nudità del soggetto. La modalità particolare possiamo definirla con un termine molto appropriato. Stile.
Lo spartito si gioca ancora sul versante fisioterapico e su quello psicoterapeutico.

  • Fisioterapico: il contato col corpo deve avvenire con la consapevolezza della delicata operazione che si sta portando avanti. Il paziente si trova in una situazione di bisogno e di sottomissione a un operatore che lo sta curando Il curare rimanda a un’esperienza di presa in carico che risveglia antichi ricordi sia positivi che forse negativi. Il contatto corporeo può favorire la cura o può anche ostacolarla, allorché sia vissuto come una violazione di un territorio privatissimo che non si vuole mettere in comune con altri, anche se si è obbligati a farlo.

Si apre qui un ampio capitolo sulla necessaria preparazione del fisioterapista che deve essere allenato a sentire queste emozioni, a padroneggiarle e a coglierle anche nell’altro. In questo modo lo psicoanalista può essere di aiuto al fisioterapista nella esplicitazione e nel vissuto analizzato di questi sentimenti.

  • Psicoterapeutico: ma la tessa cosa vale per lo psicoanalista che non tocca il corpo ma tocca sempre la psiche se interviene in maniera profonda.

La nudità fisica allora diventa il paradigma della nudità psichica e la difficoltà a svestirsi diventa il terrore del mettere a nudo i propri sentimenti, le proprie emozioni e la propria sensibilità.

Questa introduzione narrativa, che prende lo spunto da un’esperienza di cura, vorrebbe fare da premessa a un discorso più articolato che verte su queste parole: Corpo, intimità, nudità.

CORPO

La riflessione sul corpo è immensa e non basta un libro a contenerla. Si po’ riassumere in un’accezione tradizionale che vede il soggetto come uno che ha un corpo o quella che vede sempre il soggetto come uno che è il corpo. Le due proposizioni guidano una riflessione diversa che si traduce in un’etica diversa e in una simbolizzazione diversa.
Avere un corpo significa un po’ cosificarlo, considerarlo una macchina, procedere in una distinzione anima corpo, mente corpo, psiche carne.
Essere un corpo significa ricomporre gli elementi che possono essere accentuati in maniera diversa ma che mantengono una loro profonda unità e un’impossibilità di distinzioni assolutizzanti.(1).
Ma tutto questo si traduce in un comportamento diverso.

  • Se il mio corpo è una cosa o una macchina ed io sono colui che a vario titolalo devo curare, io dovrò essere un buon meccanico, dovrò scomporre i vari pezzi e poi saperli riunire in un distacco appunto da meccanico. Il corpo non sarà più nudo e non ci sarà intimità, le regole saranno subordinate a dei protocolli che dovrò scrupolosamente osservare e il mio mondo si chiuderà esaurendosi nell’applicazione di rigidi paradigmi uguali per tutti.
  • Se io sono il mio corpo curerò in modo diverso, non tralascerò i paradigmi, ma saprò sottoporli al vaglio della mia individualità e di quella del mio paziente. Entrerò in dialogo con lui come persona e non come cosa, sarò influenzato un po’ anche dai miei e dai suoi sentimenti. Considererò la mia e la sua nudità come una miniera di mistero e qualcosa che mi aiuterà ad andare OLTRE i paradigmi, anzi saprò a volte inventarne di nuovi pronto poi a sottoporli al vaglio della sperimentazione.
  • La prima posizione obbedisce a un’etica rigida, con norme precise e spesso immutabili. Si fonda su di un’epistemologia della linearità.
  • La seconda posizione obbedisce a un’etica più duttile, più umana perché più limitata, più attenta alla ferita dell’uomo e meno invasata di assoluti. In questa prospettiva l’uomo è un essere mancante, che deve vestirsi per sopperire alle sue deficienze ma che sa mettersi a nudo, qualora trova le condizioni per poterlo fare senza soccombere o essere distrutto. (2).

INTIMITA’

Intimo significa vicino, vicinanza di corpi, si usa anche per esprimere una dimensione sessuale, vicinanza di emozioni di sensazioni. Contatto. Ancora una volta questa parola magica rivela la sua forza. Intimità è un contatto, ma quale contatto. Quello di corpi che si avvinghiano in una situazione pornografica, dove in questa accezione pornografia non è una categoria morale ma un’espressione di scissione tra corpo e psiche là dove il piacere sessuale si riduce a una gamma di sussulto fisico e la partecipazione emotiva, mai mancante del tutto, si appiattisce su una dimensione quasi esclusivamente corporea: non penso che si possa applicare l’oggettivo intimo a una rappresentazione pornografica .In- timo è qualcosa che riguarda l’emozione, è il sangue che si muove(etimologia di emozione), è l’unione di psiche e corpo che esplicano tutte le loro potenzialità più profonde.
Può un’azione terapeutica essere intima? Secondo la mia accezione non può non esserlo pena la sua irrilevanza. Si tratta poi di dosare questa intimità sia a livello del terapeuta che del paziente secondo gli stessi criteri etiche rilevati per il con-tatto.
Anche qui si tratta di seguire un orientamento diverso che si deve tradurre in uno stile, un modo di fare che è in sintonia con un modo di essere.
Forse anche questa si può definire un’intimità, là dove il proprio modo di pensare si fa carne e diventa azione, si fa etica.

NUDITA’

Nudità mi rimanda a ingenuità, non intesa in chiave comportamentale, ma come caratteristica del profondo. Ingenuo come non ancora coperto dalle strutture culturali che condizionano, che frenano che rendono insicuri non perché non orientati con precisione, insicuri perché contaminati da una serie di sovrastrutture alienanti.
La nudità è fragilità, è esposizione al freddo e al gelo, allo sguardo dell’altro che può ferire ma anche allo sguardo dell’altro che può contenere, rassicurare, essere ben visto.(3).
La nostra nudità è all’insegna di questa ambiguità che ci costituisce, che non possiamo annullare, anche se possiamo invece contenere, se ne conosciamo un po’ le dinamiche e soprattutto ci mettiamo in gioco. Nel senso di tener presente che la difficoltà dell’altro nel mostrarsi nudo può essere anche la nostra e che il tutto può essere bonificato da una sana relazione.

Ancora una volta è questione di stile. Ma lo stile si può costruire? Non è qualcosa di innato che uno ha o non ha? Io penso che si possa modificare proprio perché credo che lo stile sia una categoria etica. L’etica è la possibilità di scelta. L’etica si coniuga con la conoscenza. In quanto so e posso scegliere mi metto in una prospettiva etica che, senza scelta, non può nemmeno essere presa in considerazione.
La Medical Humanities è, infatti, una nuova forma di conoscenza che rompe con le epistemologie classiche per proporne delle altre, non così lineari ma più complesse come complessa è la realtà e come complessi siamo noi.(4), ma la nuova maniera di conoscere la conoscenza implica un nuovo modo di fare, una nuova prassi e quindi una nuova etica. Si delinea allora la necessità di un nuovo stile che diventa un nuovo approccio al corpo, alla nudità in una diversa intimità tra dire e fare, tra pensiero e azione, nella ricerca costante di quel trattino che ci può permettere un con-tatto sempre più umano. (5).

NOTE

  1. Merleau-Ponty M…., (1945), Phénoménologie de la perception, Paris, Edition Gallimard, 1998,
  2. Gehlen A., L’uomo, la sua natura e il suo posto nel mondo, Feltrinelli Milano 1983
  3. Sulla ingenuità Cfr.Pannikar R., La nuova innocenza, Nuova stampa 1993
  4. Martignoni G., Uno stile per “pensare in altra luce”, in Rivista per le Medical Humanities Edizioni Casagrande Bellinzona,1,2007, pag. 25-30.
  5. Sul problema dello stile collegato all’etica e alla estetica mi permetto di rimandare al libro di prossima pubblicazione: Palo G. (a cura di) L’arte del pensare: sensibilità estetica e stato adulto della mente, Tirrenia stampatori Torino 2007