Nascere ri-nascere: riflessioni sul cambiamento in psicoterapia

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO

CATTEDRA DI PSICOTERAPIA

Relazione di: Gianangelo Palo

Vorrei partire da alcune premesse che ritengo importanti per la comprensione del mio discorso. Sono uno psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico. Mi sono occupato e mi occupo di Teologia, Filosofia, Etica che sono il sottofondo della mia pre-comprensione. Ho molto frequentato l’ermeneutica, soprattutto Ricoeur, Gadamer, Panikkar e mi occupo di clinica a livello individuale e di gruppo dopo aver fatto ricorso a Freud, Melania Klein, Lacan, Bion. Sono particolarmente sensibile alla messa assieme di fatti e parole, con una attenzione particolare al SIMBOLO.(1) Il simbolo per me è una caratteristica fondamentale dell’uomo e una funzione peculiare della psiche.

Simbolo, non è segno, non è rimando a, non è la bandiera; nella mia accezione, nella mia filosofia e nella mia etica, simbolo è soprattutto relazione. E’ il trattino, il legame tra i due cocci antichi che segnano etimologicamente il significato della parola. E’ l’otre in cui è contenuta la realtà umana, è la funzione del reale, è quello che lega assieme le cose, è la rinuncia a ogni assolutismo per la ricerca del relativo non più visto nella sua accezione ancora una volta assoluta(relativismo) ma nella sua realtà re-lata, nella impossibilità di assolutizzare neppure Dio, che appunto è relazione e non assoluta individualità.

Si capisce subito come questa filosofia diventa etica, cioè abitudine, modo di comportarsi, casa. Mi piace, infatti, definire l’etica come la casa del soggetto preso come colui che si relaziona, addirittura prima di nascere, nella nascita e dopo. Ritengo, infatti, che la definizione di uomo come essere simbolico sia molto ricca e guida molto le mie riflessioni e le mie prassi.(2)

Come si coniuga questo con il tema che mi è stato affidato, la rinascita in psicoterapia.

Innanzi tutto vorrei sottolineare una Tesi, (ipotesi) che prendo a guida del mio parlare e su cui poi si potrà riflettere. Ho notato come questo metodo si presta a una dinamica dialogica che, rendendo più chiaro il discorso, permette poi le necessarie ricchezze interpretative di che ascolta.

La tesi è questa(3):

“Se la dimensione simbolica ed etica sono importanti dovranno essere presenti nel tema della rinascita in psicoterapia”

Rinascita, rimanda naturalmente a nascita. Su questo tema le riflessioni sono molte, importanti e credo conosciute. Il prefisso “RI” pone l’accento sulla ripetizione, il ri-accadere, il presentarsi di nuovo di una realtà. Mi viene in mente il conoscere e il ri-conoscere come parole(simboli) CARICHE DI SIGNIFICATI anche rilevanti per il cammino psicoterapeutico. Il conoscere, infatti, ne è un elemento costitutivo, ma, se è autentico e vero, porta al ri-conoscere come sentirsi riconosciuti e quindi apprezzati e quindi nati di nuovo.(4)

Si evidenzia già un guadagno conoscitivo relativo al nostro tema che s’inquadra in una prospettiva che vede l’esperienza psicoterapeutica(analitica) come un ripercorrere un cammino, che andando a ritroso fino ai momenti più inconsci della nostra esistenza, arriva a quello del nascere. La esperienza duale della terapia nel gioco del transfer e nel fuoco della relazione fa sì che vengano simbolicamente evocati i momenti più intimi e più personali della propria esistenza. Il nascere analitico diventa allora un rinascere, un nascere una seconda volta in un contesto diverso e, si pensa, più adeguato in una esperienza peculiare del simbolico.(5) Possiamo parlare allora di rinascita, come nuova esperienza di rapporto simbolico tra i due attori.

Rinascita non come un rientrare nel grembo della madre, rinascita come appropriazione di una nuova esperienza simbolica.

Mi viene in aiuto un testo biblico del Vangelo di Giovanni, un passo conosciutissimo, dove Nicodemo, su proposta di Cristo di una necessità di una rinascita, gli domanda come questo sia possibile, dato che non possiamo rientrare nel grembo della nostra madre. Gesù risponde che non si tratta di una proposta da prendere in chiave biologica, si tratta di rinascere nell’acqua e nello Spirito. Noi sappiamo che questo rimanda al discorso del Battesimo, se noi accettiamo che la teologia del Vangelo di Giovanni si sviluppa tardivamente in una comunità ecclesiale già Costituita(6). Ma noi possiamo anche interpretare questo passo come la necessità di una rinascita al Simbolo. Il battesimo come sacramento noi sappiamo che ci rimanda direttamente al discorso simbolico.

Ma quale simbolo?

Il simbolo come caratteristica dell’uomo che esce dalla propria individualità per collegarsi a un altro. Il simbolo, infatti, è la relazione; in chiave teologica è la Trinità, come relazione. Mi piace qui affrontare la teologia come riflessione umana, al di là da ogni griglia di fede istituzionalizzata. (7) Affrontarla da psicoanalista con gli strumenti propri di questa disciplina, non però irrigidita in un’epistemologia unidirezionale, ma aperta alla ampiezza della realtà umana e quindi anche alla riflessione filosofica e teologica, dove teologica, nella mia accezione, significa riflessione dell’uomo su Dio. Ancora il discorso biblico parla di Metanoia, cambiamento di mentalità, dove mentalità non significa solo mente, ragione, ma abbraccia una dimensione più ampia, abbraccia la dimensione etica.

Permettetemi una digressione sul concetto di verità che per i greci è alezeia e per gli ebrei è emet. Si pensi alla differenza tra la verità greca(aleteia) che significa VISIONE, da cui teoria, scopo – tutti nomi legati alla radice che con­fluisce nel vedere – e la verità ebraica(emet) che significa FARE. L’una posizione tesa alla dicotomia tra teoria e prassi, tra pensiero e azione, tra mente e corpo. L’altra più’ vitale, che considera la verità come fare. La verità non si pensa solamente, la verità si fa pensando.  Per cui nascono due interpretazioni, una più tesa a disvelare con la mente e l’altro più tesa a costruire con anche l’azione.

Seguendo ancora il Vangelo di Giovanni ricordiamo che alla fine del capitolo su Nicodemo il vangelo parla di FARE LA VERITA’, non solo di conoscerla come si potrebbe aspettare(8). Metanoia, secondo l’accezione più accreditata, ha soprattutto una dimensione etica, si tratta di cambiare mentalità assieme al cambiamento della vita.

Rinascere significa allora cambiare etica,.

Io penso che un’analisi ben riuscita non possa che arrivare a questa prospettiva, nascere di nuovo a una nuova etica, un’etica che chiamerei simbolica, proprio perché il simbolo ne diviene un costitutivo ineliminabile.

Questa mi sembra un’accezione importante del gioco nascere-rinascere presente in un’esperienza terapeutica.

Esempio: una paziente donna arriva all’esperienza analitica con una visione negativa di sé e del proprio corpo (è molto bella nella realtà) . Si vede brutta e incapace di avere rapporti proprio perché assoggettata alla percezione della sua bruttezza che le impedisce di fare certe scelte. La sua relazione è molto disturbata da proiezioni, identificazioni proiettive che sono segno di un disturbo in cui il simbolo non è intervenuto in maniera corretta. La formazione del simbolo, infatti, esige una relazione sana che ne permetta la esperienza La etica (anche inconscia…) di questa paziente non la lascia libera di scegliere un rapporto sessuale perché il suo sentirsi brutta le dice che non deve far vedere il suo corpo. Non è il caso di proseguire sugli elementi che hanno costruito una tale situazione, possiamo riassumerla in una nascita e in un rapporto non sano con la madre. Rapporto che non ha permesso una costruzione relazionale della mente che si è assolutizzata. La re-lazione analitica ha permesso una ricostruzione e una rinascita alla relazione e al simbolico che ha modificato non solo la visione di sé ma anche l’etica della paziente: non ha più sentito il divieto a mostrarsi, ma ha accettato la dimensione sana di una visione più realistica di sé e del proprio corpo, con il conseguente cambiamento di comportamento. La sua etica rinnovata le ha permesso quello che la sua etica precedente non le permetteva. Possiamo parlare quindi di nascita del soggetto, in quanto ri-nato, o forse nato veramente per la prima volta, nato ad un simbolo vero, ad una relazione generatrice di senso e ad un’etica emancipata e autonoma(9).

Ma etica significa anche dare valore alle cose e al come si narrano.

È evidente che se io ho impostato il mio discorso com’è documentato da quello che ho detto, ho scelto un particolare punto di vista, ho dato peso ad alcune cose e non ad altre, ho scelto determinati autori, ho costruito un mio modo di pensare, che è derivato anche da una mia ri-nascita analitica, dove ho scoperto alcune cose prima nascoste, ne ho evidenziato altre e ho imparato a COSTRUIRE criticamente il mio sapere, esperimentandone la relatività ma anche la sua rilevanza proprio perché relativo. Ho imparato a rendere il più possibile trasparenti i propri presupposti, a dichiarare i propri interessi, sapendo che solo così è possibile essere disponibili a un confronto e a un dialogo.

La ri-nascita è allora una funzione della mente che non si esaurisce in un momento, ma si evidenzia in un percorso dove lo stesso rinascere è una costante etica del proprio essere al mondo e del proprio sapere.

La ri-nascita diventa allora una rinascita anche della psicoterapia, della psicoanalisi che si devono interrogare non solo sui cambiamenti del paziente ma anche sui propri cambiamenti.

Il cambiamento di mentalità non rappresenta quindi una fuoriuscita dai canoni professionali, ma una necessaria attitudine trasformativa che deve diventare metodologicamente inserita nello statuto della nostra disciplina.

La rinascita diventa allora una categoria etica, un imperativo presente nella nostra mente e nelle nostre prassi.

Si apre qui il vero discorso che ho solo accennato nei suoi pilastri, nel suo indirizzo, lo possiamo costruire assieme nel ricupero delle osservazioni e nelle riflessioni di tutti coloro che vorranno partecipare alla rinascita non solo del soggetto ma anche del gruppo che assieme si appresta a pensare dopo aver ascoltato degli stimoli che spero abbiano dato una spinta ai nostri desideri di comunicare. Una rinascita al simbolo in quanto l’abbiamo potuto esperimentare anche in questa circostanza.

Note:

  1. Sul simbolo le riflessioni e la bibliografia è sterminata, cito solo alcuni contributi che per me sono stati significativi a cui rimando per ulteriori precisazioni. L’intento del mio discorso non à una dettagliata e dotta ricostruzione sul simbolo e sul suo uso, ma una personale interpretazione e un utilizzo nell’ambito della tematica propostami.

 Cfr. Panikkar R. La realtà cosmoteandrica, Jaca Book s. p. a., Milano, 2004.

 Id., Ecosofia: la nuova saggezza. Per una spiritualità della terra, Cittadella, Assisi (PG), 1993. Id., L’esperienza di Dio, Queriniana, Brescia, 1998.

Sul pensiero di Lacan in relazione al Simbolo Cfr. Jean Michel Palmier, Guida a Lacan. Il simbolo e l’immaginario, Rizzoli, Milano, 1975

  1. Il passaggio dalla filosofia all’etica è molto importante e molto delicato perché frutto di discussioni approfondite in campo morale. Io sostengo che pur essendo diverso il dire dal fare, l’indicativo dall’imperativo, costituendosi come due codici diversi, sono tuttavia profondamente legati. Ancora una volta il trattino, il ponte, diventa importante elemento strutturale. Se io enuncio una mia filosofia, che significa una mia visione del mondo in cui il simbolo occupa il posto che succintamente ho cercato di descrivere, questo non è indifferente per l’etica. Se io affermo che la verità è soprattutto disvelamento, secondo l’accezione greca(ALEXEIA), devo cercare di conoscere, di togliere il velo, di approfondire conoscitivamente il reale e scoprire le implicanze, forse anche i misteri; se invece io penso che la verità sia, secondo l’accezione ebraica, EMET, cioè azione, fare e quindi non solo conoscere, la mia etica si sposterà sull’azione. Se ancora io penso che siano vere tutte e due le accezioni di verità, dovrò cercare di fare la verità sapendo che questo abbisogna sì di un conoscere, ma riceve dal fare un incremento di conoscenza. Tutto ciò porta a una eticità circolare, non totalitaria e assolutizzante ma aperta al trattino, alla ricerca di quello che unisce anche nelle differenze.

Per un approfondimento di queste riflessioni rimando a una serie di articoli presenti sul mio sito alla voce articoli. Mi permetto anche di rimandare a un mio scritto, un po’ datato, ma utile per l’approfondimento del tema: Precarietà umana e onnipotenza ermeneutica: Etica e psicoanalisi, in De dignitate hominis, Verlag Herder, Freiburg 1987, Pagg337-351.

  1. Usare il metodo della tesi, ipotesi lo trovo didatticamente interessante e produttivo perché permette una chiarezza espositiva che serve poi a ricordare, favorisce un dialogo sia dialettico che poi dialogale, si avvicina al metodo scientifico che, in larga parte utilizza le ipotesi come strumenti di partenza per tentare di risolvere un problema. Ho aggiunto il termine ipotesi, perché lo ritengo più coerente con la mia etica del non assoluto. Tesi infatti rimanda a teoria che una interessante etimologia fa derivare da visione DEGLI DEI !
  2. Accostare la parola al simbolo mi permette di riprendere un’espressione di Aristotele dove si afferma non tanto che l’uomo è l’animale ragionevole, ma che l’uomo e l’animale attraversato dal linguaggio, l’animale parlante. Là dove la rilevanza del linguaggio è posta nella sua dimensione simbolica, nella accezione più profonda a cui facevo riferimento prima.
  3. Sulla esperienza terapeutica come cammino e come viaggio mi piace rimandare a un testo di una carissima amica Algini M. L. : Il viaggio con i bambini in Psicoterapia, Borla Roma 2005. Tema ripreso anche nella introduzione del libro da me curato, Il ponte tra psicomotricità e psicoterapia, Tirrenia Stampatori, Torino 2004
  4. L’uso corretto di un testo, anche biblico, esige una contestualizzazione. Il Vangelo di Giovanni, da cui è tratto il versetto che abbiamo citato, ha un impianto teologico, vuole presentare Gesù come il Figlio di Dio accreditato dai segni, i miracoli, che lo presentano e lo caratterizzano. I miracoli sono i SEGNI di qualcosa che va aldilà, sono la carta di identità di un uomo che si presenta come figlio di Dio e quindi deve essere creduto, ma i miracoli sono soprattutto il segno di un altro modo di pensare e di essere oltre che di credere. Il testo si trova in Giovanni 2, 23-3, 21, ed è molto significativo in tutto il contesto del vangelo che qui non possiamo esaminare Cfr. Maggioni Bruno, Il Vangelo di Giovanni in I VANGELI, Cittadella Assisi 1975. pag. 1395 ss.

“Egli venne da Gesù, di notte, e gli disse: Rabbi noi sappiamo che tu sei un maestro venuto da Dio, poiché nessuno può compiere i segni che tu fai se Dio non è con lui. Gli rispose Gesù: In verità in verità ti dico, se uno non è generato dall’alto non può vedere il regno di Dio. Nicodemo gli disse: Come può essere generato un uomo già vecchio? Può forse ritornare nel grembo della madre e nascere? Rispose Gesù: In verità in verità ti dico: se uno non è generato dall’acqua e dallo Spirito non può entrare nel regno di Dio. (2, 1-5)”

Le parole che ci interessano sono ANOTHEN (dall’alto-di nuovo), GENNAO/nascere, essere generato), PNEUMA (Spirito-vento- alito). Dove il nascere di Nuovo del nostro tema, il rinascere si situa a proposito dello spirito, all’alito, nel nostro linguaggio, al Simbolico.

  1. Mi sembra questo un punto specifico della mia relazione: il cambiamento di mentalità e la rinascita della prassi psicoanalitica passano attraverso una riconsiderazione di tutta la riflessione teologica che non può essere buttata via, ma che si può modulare in maniera costruttiva in una differente approccio allo psicoterapeutico. Mi permetto di rimandare ancora al mio scritto Precarietà umana e onnipotenza ermeneutica dove c’è un capitolo che sviluppa la necessità di una psicoanalisi dell’etica e di un’etica della psicoanalisi.
  2. Cfr. Matteo 4, 17 Il termine METANOIA, tradotto con conversione si rifà al termine ebraico SHUB e indica tornare indietro, cambiare vita.
  3. Tralascio a questo punto la riflessione metodologica che potrebbe vedere in azione o un discorso sul super io o una dimensione più Bioniana in chiave contenitore/contenuto, rimando a una discussione più approfondita che qui non voglio esplicitare. Il mio interesse è quello di far vedere come, ammessa qualsiasi interpretazione riferita ai vari autori classici, si giunga a un uso della termine etica che ricupera molti elementi della tradizione di questo termine. Soprattutto vorrei rimandare ad una mia riflessione che vede in azione una tripartizione del termine in ethos, etica e metaetica. Rimando ad un mio capitolo: L’etica la casa del soggetto, apparso nel volume già sopra citato: Il ponte tra psicomotricità e psicoterapia, Tirrenia Stampatori Torino 2004.

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