Intervista a Salomon Resnik 

Gianangelo Palo costruisce questa intervista con Salomon Resnik, che vede per la prima volta la città di Como in un novembre brumoso che ricorda la sua amata Venezia , in occasione di un fortunato incontro promosso dal Centro Terapeutico della Comunicazione di Como, nella bella atmosfera della Villa Gallia, ricca di ricordi e di storia.

L’intervista

Como 24.11.2007

Salomon Resnik, psichiatra e psicoanalista di fama internazionale, nasce a Buenos Aires il 1 aprile del 1920 da genitori ebrei originari di Odessa. Dopo la sua formazione a Buenos Aires si perfeziona a Londra con Melanie Klein, Rosenfeld, Bion, Esther Bick e Winnicot. E’ membro della International Psychoanalitical Association e presidente del Cispp, “Centro internazionale di studi psicodinamici della personalità” di Venezia, che dal 1982 svolge attività di ricerca e formazione.

Autore di molteplici pubblicazioni, tra cui ricordiamo: Spazio mentale, Teatro del sogno, L’esperienza psicotica, Glaciazioni, Sul fantastico, e da ultimo Biografie dell’inconscio Borla editore, Roma, presentato per la prima volta in Italia nell’incontro comasco del 24 novembre 2007.

Con una magistrale relazione Resnik a Como ci ha fatto sentire che cosa è inconscio non tanto attraverso dei concetti pur importanti, ma soprattutto con la descrizione della sua percezione dell’inconscio. Non per niente il nuovo libro si intitola Biografie dell’inconscio, dove l’accento è posto sul termine biografia. In francese, nell’edizione originaria infatti il nome era al singolare e poi, per volontà dell’autore è stato messo al plurale per aggiungere nella pluralità un aspetto della sua ermeneutica fenomenologica, definita dallo stesso Resnik, come capacità di concepire la realtà del fenomeno da diversi punti di vista. La biografia è la vita scritta: la parola infatti etimologicamente rimanda a Bios=vita e grafos=scrittura. Una delle caratteristiche di Resnik è proprio quella di rendere vive le parole. E la vivezza è proprio data anche dalla molteplicità delle esperienze e delle letture.

In questa prospettiva abbiamo tentato di fargli alcune domande a cui lui ha risposto sinteticamente con la parola detta e poi noi abbiamo cercato fedelmente di scriverla. Assicuro che l’accento e le pause e la modalità espressiva non possono essere rese dallo scritto anche se lo scrivere diventa la possibilità di comunicare con il lettori della rivista che ospita queste parole. Lo scrivere è un po’ conservare la memoria come, in un suo prossimo scritto, dirà più dettagliatamente, ricordando come forse nelle pietre è nascosto il soffio della vita, attraverso un fantastico gioco in cui la lettura archeologica diventa il dispositivo per aprire un orizzonte di riflessione filosofica, antropologica e psicoanalica.

Prof. Resnik, che sensazione le dà questa Como che ricorda un po’ Venezia?

Ho la sensazione di quello spazio tra la veglia e il sonno che nel controtrasfert del mio lavoro psicoanalitico corrisponde al clima in cui trovo il massimo di percezione del rapporto inconscio – conscio con il paziente, in questo stato intermedio nel quale lascio la mia mente in una condizione di movimento tra l’onirico e la veglia che mi permetta un ampio margine di fantasia.

La fantasia ci rimanda alla potenza delle immagini che lei ama molto. Lei descrive l’inconscio come un labirinto, anche collegandosi all’esperienza veneziana delle sue strade labirintiche. Ci vuole spiegare più dettagliatamente questa sua intuizione così folgorante che mette assieme immagini e definizioni più rigorose?

L’inconscio non è un labirinto. La relazione con l’inconscio è un’esperienza labirintica. In quanto tale è relazionale: da inconscio a inconscio sarebbe come tra labirinti e labirinti. Ecco alcune metafore, non solo il labirinto, anche la foresta, anche il deserto, che è il labirinto più complesso – diceva Borges – in cui uno può perdersi ma in cui uno potrebbe anche ritrovarsi con una buona guida. Nietzsche privilegiava l’uomo labirintico come quello che vive veramente le peripezie, una strada irregolare fangosa ma che permette un’uscita molto più creativa. Perché è tramite il bosco che si può ritrovare il frutto di una nuova metafora.

Lei ci sottolinea come la nozione e la realtà dell’inconscio sia collegata al conscio in un movimento vitale che rende conto del dinamismo della esistenza e della nostra capacità di conoscere sempre in movimento. Come vede questa dinamicità in relazione alle varie assolutizzazioni che hanno costellato la storia del pensiero umano e che ancora sono presenti? L’inconscio può essere un elemento che stempera gli assoluti?

Differenziandomi dall’approccio topologico, topografico di Freud, io ho un approccio piuttosto fenomenologico e quindi, per me, l’inconscio non è dietro il preconscio, dietro il conscio: sono tutti contemporanei, fanno parte di una coesistenza come il concetto di tempo in Husserl che è sempre una presenza. Per citare il capitolo del mio libro sull’inconscio(Biografie dell’inconscio), sulla visibilità dell’inconscio, segnalo che l’inconscio non è dentro il labirinto o dietro la coscienza: è presente ma non visto. Dunque il processo analitico è uno svelamento, permette di eliminare il velo della negazione(la Verneinung di Freud) e permette vedere quello che c’è sempre là, che era sempre là: di fronte all’interpretazione analitica che svela quello che era nascosto nell’inconscio con la rimozione. Questo permette al paziente, dopo una buona interpretazione, di dire “..ma è vero come mai non l’ho visto prima se era di fronte a me sempre?”. C’era un velo!

Lei oltre ad avere una approfondita cultura filosofica è anche medico. Ci vorrebbe offrire alcune sue riflessioni sul rapporto tra medicina e tecnica e su come l’inconscio ha un posto importante anche nel rapporto medico paziente?

Se l’inconscio è materia viva, ha la forma di un corpo umano; in questo caso è presente in tutta la medicina, è presente in tutta la quotidianità: è la capacità del pensare dove il filosofare è una capacità particolare di pensare in maniera viva e riflessa.

Per quanto attiene al discorso medico tecnico, vorrei ricordare come medicina, medico si collega a misura che è un po’ il tatto del con-tatto. Nella medicina farmacologica, che in alcune psicosi si deve usare, la misura è data dalla prescrizione. Noi sappiamo che quando abbiamo bisogno di una prescrizione farmacologica, è necessario che il medico adotti un criterio che è una misura, una misura che è fatta di molteplici fattori. Ma anche tecnica deriva dal greco con una distinzione tra tecnica e tekhne. Tecnè in greco significa anche arte. Dunque tutti siamo un po’ artisti, almeno abbiamo una potenzialità inconscia in questo senso. Ma anche il medico esercita un’arte, l’arte medica che è l’arte della misura in cui è necessario avere quello che io chiamo la distanza focale con l’altro, con la tecnica. La psicoanalisi è soprattutto una relazione, un dialogo con l’altro in una giusta distanza. Ma questo è anche la vita e il medico, che deve usare una tecnologia, deve però tenere pure presente il significato profondo di tekhne come ho cercato di illustrare prima. Per cui, c’è un’arte della tecnica che rende la tecnica e la medicina umana.

 So che ha avuto modo di apprezzare questa rivista per le Medical Humanities. Ci vuole offrire alcune indicazioni per sviluppare il rapporto tra medicina ed etica, che sta molto a cuore alla redazione della rivista stessa?

Mi pare che il collegamento è dato dalla bellezza della rivista, è una rivista bellissima anche esteticamente. Dico esteticamente perché aistesis è il fondamento dell’estetica, cioè una relazione senso percettiva, una relazione artistica da sensazione a sensazione: questo ci permette di fare il collegamento con la psicoanalisi che si propone come un metodo, una concezione sempre relazionale non solo tra persone ma anche con l’opera d’arte e con tutto quello che genera in noi un impatto estetico: cosa che mi pare più adeguata che parlare di bellezza, perché voglio sottolineare la rilevanza di tutto quello che produce un impatto ai nostri sensi: aistesis. L’etica in questo caso si trova a essere collegata con l’estetica e l’estetica è collegata con l’arte!

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